martedì 4 novembre 2008

Ecco chi avevamo a rappresentarci, Luxuria: Mi sono prostituita anch’io


Tratto da Liberonews: La sua partecipazione all’Isola dei Famosi ha già fatto discutere, eccome. Il popolo rifondarolo che insorge, un’icona radical chic come la Bignardi che difende questa scelta. L’ex onorevole l’aveva detto che la sua presenza nel reality sarebbe servita anche a parlare di politica e temi “scomodi” in prime time: e in un’intervista al settimanale “Tu” a ridosso della partenza dimostra di essere di parola e cominciare bene. «Molti trans si prostituiscono ed è successo anche a me – ha confidato-. Per fortuna è durato poco, era un momento difficile. Però, capisco chi lo fa: prova ad andare a chiedere un posto da commessa o a fare un concorso alle Poste se sei trans!». Ma le rivelazioni non finiscono qui. «Sono stata corteggiata da famosi della politica e della tivù - ha raccontato ancora Luxuria -. Ma non volevano amore, cercavano solo una botta e via». Omosessuali in Parlamento? Ce ne sono tanti. «È la verità», anche se soprattutto a destra tendono a non dirlo… «Ma chi ha una posizione di rilievo dovrebbe fare coming out, sarebbe più etico».

Perché l’Isola? «Ho accettato per provare a vivere lontano da tutto e perché Simona mi è simpatica. Giorgio Gori poi, all’aeroporto di Fiumicino, un giorno mi ha aiutata con le valigie e io non ho dimenticato questa sua gentilezza. Ma mi hanno fatto arrabbiare quelli che hanno detto che all’inizio avevo rifiutato per alzare il prezzo». E in caso di vittoria? «L’ho messo a contratto, metà del premio andrà a bambini disagiati: visto che non potrò averne di miei, cerco di aiutare quelli in difficoltà. Con il resto, vedremo. Per me, comunque, sarà già una vittoria non mollare finché il pubblico mi voterà».

I giovani di An contro Fini: “Ha sbagliato tutto”

Tratto da IlGiornale: Roma - Si sono riuniti ieri mattina nell’anfiteatro di Atreju, a Roma, a conclusione della loro festa. Una discussione intensa, a tratti preoccupata, dopo lo strappo di Gianfranco Fini, celebrata proprio in un incontro pubblico con i giovani del suo partito. È inutile girarci intorno. In questo momento, l’epicentro del mal di pancia dentro An sono loro, i ragazzi di Azione Giovani. Da due giorni, la loro leader (nonché ministra) Giorgia Meloni non interviene nella polemica per una scelta precisa, quella di difendere la propria organizzazione. Ma il disappunto dei ragazzi di Ag si sfoga nei blog di area, nelle dichiarazioni di alcuni dirigenti rappresentativi, in quella assemblea a porte chiuse. E i loro giudizi nei confronti del leader un tempo indiscusso sono a dir poco caustici.

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Se sali sulla collina del Celio all’ora di pranzo, per esempio, puoi incontrare Carolina Varchi, la ragazza siciliana che nel dibattito con Silvio Berlusconi aveva bacchettato il premier, rimproverandolo di una sua digressione sul comunismo a sua detta «poco pragmatica». Carolina ha gli occhi azzurri, un viso apparentemente angelico, ma si definisce «alquanto incazzata». E spiega: «A Gianfranco non avrei fatto alcuna domanda. Sono rimasta colpita dal suo modo di mischiare storia e politica, non condivido una virgola nella sua divisione fra morti di serie A e morti di serie B nella guerra civile, che poi sarebbero i morti di Salò». Adesso è la sua organizzazione sotto accusa nel partito: «Mi pare una follia! Noi siamo immersi nel nostro tempo, ascoltiamo la musica dei nostri coetanei, conosciamo i loro problemi forse meglio dei nostri leader, raccogliamo il loro consenso, se è vero che le nostre sono le liste più votate nelle scuole e negli atenei. Ma di che film parlano?». Messa così sembra quasi una sfida. E Carolina la raccoglie: «Lo scriva: al contrario dei grandi, eletti nelle liste bloccate, noi raccogliamo le preferenze, una a una. La sottoscritta, è stata la più votata a Palermo. E saremmo noi i nostalgici fuori dal mondo?». Ma perché tanta difficoltà sull’antifascismo allora? «Forse perché in nome dell’antifascismo militante, nell’anno di grazia 2008, non solo nel 1943 dei bei libri di Pansa, qualcuno mi ha preso a bottigliate in facoltà!».

Altro capannello, quello dei torinesi, altro volto-simbolo dell’organizzazione, quello di Augusta Montaruli, la ragazza che è finita sulla prima pagina de La Stampa perché ogni volta che prova a dare un esame gli autonomi scatenano la guerriglia all’università: «Quello che ha detto Fini è un falso storico. La divisione fra buoni e cattivi è una cosa grottesca, che persino gli storici di sinistra rifiutano». Però così vi piove sulla testa l’accusa di nostalgismo. Augusta ride e scuote la testa: «Ma semmai è il contrario! Per noi è questa idea che si debba dire cosa si pensa del 1943 pena l’impossibilità di fare politica a essere anacronistica!». Avete quasi fischiato il vostro leader? «No. La nostra è stata un’accoglienza fredda ma responsabile. Una grande prova di maturità, direi: aspettiamo che i grandi dimostrino di saper fare altrettanto. Noi non siamo reducistici, siamo molto più moderni di loro».

In rete, malgrado nel weekend molti siano disconnessi, arrivano pronunciamenti a valanga, tutti scanditi nella lingua cruda del web. Scrive per esempio il Blog Lettera Maltese: «Oggi Fini, durante la festa di Atreju, ha detto ai suoi giovani fascisti di riconoscersi nei valori dell’antifascismo. Credo sia dunque ormai chiara la verità sul suo quoziente d’intelligenza. Quali sarebbero questi fottuti valori dell’antifascismo? La democrazia? J. J. Rousseau era antifascista?».
Un altro blog di destra - Radici Profonde - si affida alla satira cabalistica. «Quelli di Salò avevano torto, impossibile paragonarli ai resistenti. Parola di Gianfranco Fini (22: il matto). La festa dei giovani di An (48: morto che parla) si è trasformata in una grande lezione di storia presieduta da uno dei peggiori “storici” del nostro Paese». Su Atuttadestra prevale il sarcasmo sulla storia del leader: «Non fummo certo noi a dare a una mozione congressuale il titolo “Il Msi, fascismo del 2000”, ma un certo Gianfranco Fini, in arte presidente della Camera».

E che dire di Slash? «Tra la freddezza dei presenti ha avuto coraggio, se non si è suicidato, (politicamente) lo faranno fuori a breve. Però ha messo il paracadute, tra poco trasloca nel Pdl, libertà di essere fascisti». Infine i grandi. A sezioni chiuse, quelli che potevano sono accorsi fino a Revere, a manifestare il proprio dissenso alla presentazione dell’ultimo libro di Giampaolo Pansa. «Lo storico, dilettante» (autodefinizione) a sorpresa ha dato ragione a chi criticava Fini: «Io non so se sia un grande leader. So, e lo scriverò nel bestiario, che ha fatto un errore madornale nel non distinguere bene fra l’antifascismo democratico e quello totalitario. E so che ha messo in difficoltà, a partire da oggi, tutti i militanti di An che, in tutta Italia, adesso saranno irrisi e censurati».

martedì 30 settembre 2008

Superclass, l’èlite padrona del mondo


Tratto da NWO Di Glauco Maggi Seimila potenti guidano l’economia globale. Poliglotti, di ogni razza e quasi tutti uomini
Una loro sede fissa è Davos, in Svizzera, diventata ormai un evento mediatico globale delle élite internazionali: invasa dai giornalisti, è una passerella senza segreti che ospita ogni anno un’avanguardia di membri (rotanti) della «superclass». L’élite dell’élite, però, ama ritrovarsi nei più esclusivi meeting annuali itineranti della Trilateral Commission, o nel Bilderberg Group, dal nome dell’Hotel de Bilderberg, in Olanda, dove si tenne la prima riunione di auto-eletti nel 1954. Da allora il Bilderberg funziona solo ad inviti, e non ammette reporter che raccontano, semmai solo qualche super-giornalista che ha superato l’esame d’ammissione al club: per esempio il neo-conservatore William Kristol e il liberal Thomas L. Friedman, entrambi commentatori del New York Times.
La individuazione di una «superclass» che si è installata in cima al mondo è il parto di un ex sottosegretario di Bill Clinton per le politiche commerciali internazionali, David Rothkopf. Il suo libro-Manifesto, titolato appunto «Superclass», è stato appena tradotto anche in Italia da Mondadori. Il termine ammicca alla teoria marxista delle classi, ma in una rivisitazione che punta al riscatto dei diseredati, ai poveri del mondo che non avevano posto nel verbo marxiano dell’Ottocento, concentrato sull’Europa industrializzata: più in basso del Lumpenproletariat, ladri e prostitute assimilati ai capitalisti nel reprimere gli operai, Mark ed Engels non avevano potuto andare. Rothkopf sì: così, i reietti del globo che emergono dalle analisi della Banca Mondiale, cioè i tre miliardi di esseri umani che vivono con meno di 2,50 dollari al giorno (dati 2005) diventano la cattiva coscienza della superclasse internazionale. Che è cosmopolita e poliglotta ma più omogenea, nelle forme, di quanto le tensioni geopolitiche, e le differenze di razze e di tassi di sviluppo, potrebbero fa credere.
Secondo dati non di Rothkopf ma della ricerca sui milionari 2007 della Merrill Lynch-CapGemini, il vento della ricchezza finanziaria spira più da Est che da Ovest: gli Usa perdono quote di mercato tra i nuovi Paperoni (gente che ha investimenti in titoli per oltre un milione di dollari), mentre quelli dei Paesi emergenti sono cresciuti ad un tasso 5 volte più alto degli americani. L’anno scorso, i neo-ricconi sono balzati del 19% in Brasile, Russia, India e Cina, contro un aumento di solo il 3,7% negli Usa, che hanno visto ridursi in un anno la percentuale dal 31% al 29%, a vantaggio delle quattro nazioni neo-sviluppate salite dal 6% all’8%. Gli europei hanno ora il 31% di milionari, ma ne vantavano il 36% quattro anni fa.
Se una superclass globale esiste, è insomma ormai soggetta alla mobilità e alle scalate sociali che da sempre connotano il capitalismo, ora declinato pure in mandarino e in cirillico. Le materie prime hanno dato l’avvio alle nuove accumulazioni, ma adesso sta alle economie emerse saper accomodare le proprie classi dirigenti alla tavola imbandita del lusso. Termometri sensibili della affluenza del 2000 sono i megayacht e gli aerei privati. Burgess, azienda di brokeraggio di yacht, visto il trend attuale di ordini da Russia e India conta di fare entro cinque anni la metà dei suoi affari nei Paesi emergenti. E per la prima volta nei suoi 49 anni di storia la Gulfstream, nel 2007, ha avuto più ordini dall’estero per i suoi jet privati che non dall’America, dove pure sono cresciuti del 30%. Inevitabilmente, la nuova superclass sconta cadute di stile, tipiche dei nuovi ricchi: «Non sono abituati ad aspettare», racconta Robert Baugniet, portavoce della Gulfstream. «Quando si sentono dire che il G550 che vogliono comprare gli arriverà nel primo trimestre del 2013, richiudono stizziti la valigetta piena di dollari e non capiscono perché devono aspettare tanto».
In una imbarazzante promiscuità con la classe vecchio stampo delle élite navigate, la superclass globalizzata ha fame di simboli e fretta di mostrarli. Basta guardare chi compra ora i club inglesi di calcio, un tempo status symbol domestici ed ora giocattoli per sceicchi e neo-capitalisti putiniani gonfi di petrodollari. Oppure scorrere l’elenco, zeppo di russi, sudamericani e asiatici, di chi ha preso casa nelle due Torri della Cnn o nell’ex Plaza Hotel, supercondomini con vista su Central Park, o nel residence di Soho costruito da Donald Trump. Ma superricchi e superpotenti sono davvero una stessa razza, la nuova élite globalizzata dello sfruttamento? L’anagrafe che Rothkopf ha ricostruito in una lezione recente tenuta nel Middlebury College in Vermont risponde di sì: «Prendiamo le maggiori 2000 corporation del mondo, che impiegano 70 milioni di persone ovunque. Se consideriamo l’indotto che ruota attorno ad ognuna - per esempio la Procter&Gamble ha 30 mila ditte fornitrici - vuol dire che mezzo miliardo di persone dipende dalle decisioni di quei 2000 amministratori delegati. Essendo società quotate, gli azionisti hanno il loro peso: ma gli scambi, in realtà, sono opera dei 10 mila hedge fund, di cui 300 gestiscono l’80% delle transazioni, e 100 il 60%».
Gli executives dei fondi e delle banche maggiori, dunque, entrano anch’essi di diritto nel club, che a conti fatti raccoglie 6 mila membri contando pure politici, alti ranghi militari, capi delle religioni. Un potere concentrato, schiavo della globalizzazione, prono al mercato e sordo alla voce degli esclusi: Rothkopf vuole fare la rivoluzione, ma dove sono i proletari? Lui indica nelle donne la maggioranza più sottorappresentata, poiché il 94,7% dei 6000 della superclass sono maschi. Sarà la Palin il Lenin del 2000?

mercoledì 3 settembre 2008

I Pellerossa e Himmler


Secondo documenti top secret, declassificati agli inizi del XXI secolo, sembrerebbe che nativi indiani d’America, chiamati comunemente pellerossa, avrebbero fatto parte di un costituendo reparto delle Waffen SS o SS combattenti. Da documenti finalmente resi pubblici, sembra che le SS avrebbero costituito sul finire della seconda guerra mondiale un reparto da esplorazione, denominato ufficialmente come “Aufklarung Reiter Kompanie “Chief Sitting Bull”. Ma come si era giunti a tanto? Ebbene, nativi indiani d’America che erano stati forzatamente arruolati come coscritti nell’Esercito americano dell’ US Army, furono catturati dalla Wehrmacht durante le battaglie di Kasserine in Africa settentrionale, a Monte Cassino in Italia e in Normandia. Questi pellerossa gradirono molto entrare a far parte delle Waffen SS con la speranza che il Terzo Reich uscisse vincitore prima in Europa e poi andasse alla conquista dell’America per distruggere il governo della banda di Roosevelt che consideravano plutocratico, con il fine ultimo di poter edificare una nuova nazione autonoma di indiani d’America. Il loro leader era il capo Cherokee Standing Bull, il cui avo era Toro Seduto. Standig Bull cercò invano di avere un incontro con il Fuhrer per essere nominato il gauleiter o governatore di un indipendente Cherokee-land ma invano, perché il fuhrer si trovava all’epoca in Prussia. Chief Standing Bull ebbe però il gradito onore di avere un incontro con il Reichsfuhrer delle SS Himmler. Dopo tale colloquio, venne costituito un reparto di cavalleria da esplorazione di “braves” o “guerrieri pellerossa” e Chief Standing Bull fu nominato Braves-Sturmbannfuhrer o “maggiore dei pellerossa” da Himmler in persona. Viene riferito che tale unità di guerrieri pellerossa incorporati nelle SS furono impiegati durante l’offensiva delle Ardenne ed essi andavano alla ricerca soprattutto di scalpi degli americani fatti prigionieri. Sembra che alcuni prigionieri statunitensi furono salvati addirittura da uomini della Gestapo.Poi furono impiegati nella battaglia di Berlino contro i sovietici.Solo 30 pellerossa sopravvivranno a tale battaglia, incluso Chief Standing Bull che fu anche un testimone delle nozze tra Eva Braun e Hitler in quegli ultimi caotici giorni del Terzo Reich. Sapendo che i sovietici avevano catturato i pellerossa, il presidente USA Truman li richiese a Stalin che fu ben contento di sbarazzarsene.Così i 30 pellerossa rimpatriarono negli USA e nel 1947 furono giudicati da una corte marziale militare per tradimento. Solo nel 1995 saranno perdonati dal presidente Clinton.
Da CrimeList.

mercoledì 27 agosto 2008

Non pensare, potrebbe essere pericoloso.


O'Brien alzo' quattro dita.
-Quante sono le dita che tengo alzate, Winston?
-Quattro
-E se il Partito dice che sono cinque, quante dita sono?
-Quattro!- Winston urlo' di dolore a causa di una macchina controllata da O'Brien-
-Quante dita, Winston?
-Quattro
-Quante dita, Winston?
-Quattro! Cosa altro posso dire?Quattro!
-Quante dita, Winston?
-Quattro!Basta!Basta! Ma perchè non ti fermi? Sono quattro, quattro!
-Quante dita sono, Winston?
-Basta!Cinque!Cinque!Cinque!
-No, Winston non serve a niente. Tu stai mentendo. Pensi ancora che siano quattro. Per piacere, quante dita sono?
-Quattro!Cinque! Tutto quello che vuoi! Ma basta con questa sofferenza! [...] [...]
-Sei lento nell'apprendere, Winston
-Ma come posso fare a meno...come posso fare a meno di vedere quello che ho davanti agli occhi? Due più due fa quattro.
-A volte, Winston. A volte fa cinque, a volte tre. A volte fa cinque, quattro e tre contemporaneamente. Devi sforzarti di più. Non è facile diventare sani di mente.
Tratto da 1984 di George Orwell


Sea Shepherd: i nuovi pirati


Sea Shepard: si autofiniscono eco-pirati, navigano battendo BANDIERA NERA!
Eroi che lottano contro lo sfruttamento selvaggio della Natura, contro il massacro di delfini e balene perpetrato dalle forze del capitalismo globale, contro tutte le attività illegali e i crimini compiuti in mare.
Contro gli abusi e lo sfruttamento compiuti in nome dell’avidità e del profitto, che purtroppo sono diventati più importanti della Vita, della Natura e dell’Ambiente!
Per saperne di più: www.seashepherd.org