lunedì 21 aprile 2008

E ORA...

DIECI SCOMMESSE DA VINCERE

Conformismo vs. Spirito Critico

Nella società odierna tutte le ideologie sembrano essere morte; questo corrisponde al vero solo se non si considera il cosiddetto "pensiero unico" che oggi domina in occidente come quello che è, cioè un'ideologia.
In nome di questa il regime catto - comunista, pur garantendo formalmente le libertà personali, dichiara senza diritto di cittadinanza tutte le voci fuori dal coro del politicamente corretto. E' la realizzazione della tanto ambita egemonia culturale gramsciana che, dopo un crescendo durato trent'anni, ha raggiunto il suo culmine con la riforma della scuola voluta da Berlinguer. La costante distruzione delle radici della civiltà italiana ed europea, i libri di testo faziosi, gli "agit - proff" ulivisti, il nozionismo esasperato annichiliscono quotidianamente milioni di cervelli. A questa offensiva, che parte dalla scuola e si consolida attraverso i sistemi omologati di comunicazione di massa, dobbiamo opporre un modello fondato sulla valorizzazione delle differenze e delle identità, sulla libertà della cultura, sull'approfondimento interpretativo. Dobbiamo cioè riscoprire lo spirito critico per non affogare nella palude del conformismo.

Stato vs. Comunità

Con la fine del modello di sviluppo fordista e l'avvento della società post - industriale, il mondo occidentale ha visto il progressivo allontanamento delle grandi masse lavoratrici non specializzate dai processi produttivi.
Contemporaneamente, il vecchio modello di welfare state non sì è dimostrato in grado di fare fronte alle nuove esigenze create da questa nuova condizione, dando vita a grandi masse di non garantiti. Le istanze di flessibilità, formazione e ricollocamento provenienti dal mercato del lavoro non trovano oggi risposta in un sistema che. legato alla vecchia concezione di stato sociale - assistenziale e ingessato da lobby sindacali e grande industria impegnate esclusivamente nella difesa di interessi consolidati, si pone ormai come ostacolo allo sviluppo.
Le risposte vanno quindi cercate altrove e non possono che venire dalla società civile organizzata e dai corpi intermedi, secondo il paradigma "più società, meno stato".
Un paradigma che, unitamente alla partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione dell'impresa ed al principio di sussidiarietà, si pone come base per il superamento del concetto di welfare state e l'approdo a quella che possiamo definire "welfare community", cioè una società nella quale sia di centrale importanza la comunità, intesa come elemento di rottura della dicotomia individuo-collettività.

Minimalismo Ecologista vs. Metropoli Futurista


Il politicamente corretto si diffonde e si insinua. Attraversa le categorie sociali, culturali e politiche. Uniforma i linguaggi e costruisce nuove ortodossie. Tra le più fastidiose quella che si basa sul dogma ecologista e si impone alla città. E allora sì da il via al fiorire di demenziali iniziative che dovrebbero tendere al purgare l'uomo della città dalle sue colpe di inquinatore ad oltranza e dai suoi peccati contro natura. Si impone il dogma dell'umana colpevolezza nell'aver reso inquinate e invivibili le città. Il divieto di circolazione automobilistica è un provvedimento repressivo che, anche se verniciato di verde, costituisce un attentato alle libertà personali, intriso di ipocrisia moralistica e nutrito dei più vieti luoghi comuni. Rivela una deriva autoritaria, un'attitudine pericolosa a educare le masse, mezzo e fine di ogni regime. La dittatura mediatica cerca di convincerci che rinunciando all'automobile miglioriamo l'ambiente. Ma chi, dobbiamo chiederci, ha la responsabilità e la colpa del degrado e dell'imbruttimento estetico, architettonico, sociale e ambientale della città e della metropoli? Cittadini incolpevoli o mediocri politicanti amministratori della metropoli negli anni che ci hanno preceduto? Chi ha eretto i non luoghi delle bruttissime periferie? Chi ha spento la creatività architettonica? Noi non vogliamo la città spenta, tranquilla, diluita e moderata, "vogliamo che le nostre città siano dei vulcani, le vogliamo pericolose, fosforescenti, febbricitanti, infernalmente rumoristìche e maliziose, (...) le vogliamo veder vivere di vita magica e camaleontica (...) contenere tutti gli istinti, i capricci, le fantasticherie e le ferocie di una immensa macchina pensante e robusta. " (M. Carli)

Partitocrazia vs. Democrazia Diretta


La distanza tra la politica e i cittadini aumenta sempre più. Dopo la breve parentesi del post - Tangentopoli e della vittoria del Polo nel '94, che aveva aperto orizzonti di rinnovamento del sistema politico e sollecitato nuovi canali di partecipazione popolare, la nostra democrazia ha stabilito una brusca involuzione. La pluridecennale cappa partitocratica che nel dopoguerra aveva annichilito l'Italia, conscia della sua momentanea impresentabilità, nella prima metà degli anni '90 sceglie di abdicare ad un ruolo centrale, delegando poteri diversi da quello politico: è il tempo dei "governi tecnici" guidati dagli ex capi della Banca d'Italia, dal '96, con la vittoria dell'Ulivo, abbiamo assistito ad un prepotente ritorno delle logiche di spartizione partitocratica; a seguito delle occasionali implosioni di questo sistema abbiamo visto fìnte crisi di governo, rimpasti, compravendite di parlamentari, se a ciò sommiamo la costante disapplicazione degli esiti referendari e la squallida politica dei ribaltoni, ci rendiamo conto di come oggi esista in Italia un vulnus democratico che umilia la volontà popolare privilegiando le burocrazie partitiche, sindacali e finanziarie. E' necessario intensificare la battaglia per la democrazia diretta: evoluzione verso un sistema maggioritario completo, elezione diretta del premier o del Presidente della repubblica, elezioni primarie per la scelta dei candidati, introduzione del referendum propositivo, finanziamento trasparente dei partiti sulla base delle indicazioni dei cittadini, applicazione del principio di sussidiarietà per rendere più vicino ai cittadini il livello decisionale. Soltanto così potrà essere ricostruito un rapporto di fiducia fra la politica e i cittadini, tra lo stato e la comunità nazionale.

Omologazione vs. Identità


La globalizzazione di cui oggi si parla tanto altro non è che un processo di estensione a livello mondiale (appunto globale) dei sistemi politici, economici e socio-culturali dell'occidente e soprattutto di una parte di questo; quindi in ultima istanza è il processo più complesso ed esteso di omologazione che si sia mai stato concepito. Con questo processo si tentano di eliminare tutte le differenze e le tradizioni che rappresentano la ricchezza dei popoli promettendo a questi ultimi che la rinuncia alla loro identità, magari plurisecolare, verrà ricompensata con un miglioramento delle loro condizioni economiche. In realtà l'omologazione dei sistemi economici non farà altro che danneggiare le piccole economie dei paesi più poveri, che con le loro piccole imprese (che tra l'altro rappresentano anche la base della ricchezza per diversi paesi occidentali), sono riusciti non solo a sopravvivere ma a volte anche a competere con le grandi imprese che cercano di espandersi anche come modello in tutto il mondo.
Per non essere travolti, annullati e dissolti in un sistema unico mondiale che considera gli uomini solo come acquirenti e i territori nazionali solo se appetibili dal punto di vista finanziario, bisogna conservare e difendere la propria identità sia individuale che comunitaria, noi viviamo in una società in cui i tempi e gli spazi si sono accorciati e quindi le diverse culture si confrontano sempre più spesso. Solo custodendo la propria identità, si può affermare una visione competitiva del confronto ed evitare cosi la totale accettazione dei caratteri di un'altra cultura o, peggio, quelli dell'omologazione globale che fa vestire allo stesso modo, mangiare gli stessi cibi e parlare la stessa lingua.

Europa delle banche vs. Europa dei popoli


La fine dell'ordine di Yalta e il crollo del Muro a Berlino, hanno posto l'Europa del XXI secolo dinanzi ad una duplice scelta: o soggiacere al ruolo, di certo poco pericoloso ma sicuramente non entusiasmante, di vassallo dell'unica superpotenza rimasta dopo la caduta dell'URSS, o approfittare della straordinaria opportunità storico-politica per riaffermare la propria cultura bimillenaria attraverso la costruzione di un Europa dei Popoli.
Da una parte, dunque, l'Europa di Maastricht che ha considerato la sola dimensione finanziaria e tecnologica come elemento di coesione continentale; l'Europa suddita degli USA che è costretta a ricorrere all'intervento militare americano per risolvere conflitti in casa propria dimostrando la totale incapacità di assumere un ruolo decisivo nello scenario internazionale; l'Europa debole politicamente in cui padroneggia una democrazia artificiale manovrata da una burocrazia che nessuno ha mai eletto e che governa con il beneplacito della Sinistra europea quei super moloch-centralista che mira ad annullare l'identità dei popoli. Dall'altra parte invece, chi come noi, da sempre, sogna e crede nell'Europa delle Patrie, fermamente convinti che si debbano unire popoli e tradizioni ancor prima che economie; chi come noi sogna e crede nell'Europa delle Culture e quindi nella valorizzazione e nel rispetto delle particolarità locali e nazionali, vero "collante" di un'unione fondata su una forte integrazione tra Stati. Chi, come noi, crede nell'Europa Politica che abbia una difesa ed una strategia estera comune, nel rispetto delle sovranità nazionali. Chi crede in quell'Europa alleata, sì, degli USA, ma che dotata di un proprio esercito professionale sappia confrontarsi da pari a pari con gli Stati Uniti. Infine, chi come noi crede ed è convinto del ruolo da protagonista che l'Italia potrà assumere nel teatro europeo. E' la sfida tra l'Europa di chi si è rassegnato e l'Europa di chi ha deciso di lottare. Fino alla fine!

Egualitarismo vs. Meritocrazia


Merito contro uguaglianza. E' da trent'anni -dal '68 in poi- che in Italia si confrontano queste due opposte visioni della società. Questa contrapposizione presuppone una diversa concezione dell'uguaglianza: per i "meritocratici", l'unica uguaglianza possibile è, quella di uguali opportunità in partenza per tutti, lasciando poi che il: merito prevalga. Per gli "egualitaristi" ad oltranza, al contrario, anche i punti di arrivo devono essere uniformati.
Questa seconda visione purtroppo ha prevalso, la retorica sessantottina ha affermato la supremazia della quantità sulla qualità, causando un generale appiattimento verso il basso in tutti i settori della società, dalla scuoia, all'università, alla pubblica amministrazione. Al contrario l'idea meritocratica stimola l'uomo a dare sempre il meglio di sé, poiché si basa sulla consapevolezza che l'impegno ed i buoni risultati saranno adeguatamente "ripagati". Non sempre uguaglianza è sinonimo di equità. Solo valorizzando il merito e incentivando effettivamente i meritevoli, si potrà finalmente arrivare ad una società competitiva ma anche giusta. Solo una rivoluzione meritocratica, cioè, potrà finalmente risollevare la Nazione dalla situazione in cui la retorica egualitarista l'ha fatta precipitare.

Relativismo vs. Senso Comune

La cultura politica derivante dall'Illuminismo e dalla Rivoluzione Francese ha affermato il primato dell'individuo rispetto ai suoi legami ed al suo radicamento nelle comunità di appartenenza: la famiglia, la comunità locale e la Nazione.
Il '900 ha visto così affermarsi con forza una concezione distorta della libertà individuale che, pur non ledendo formalmente la libertà altrui, stravolge i valori tradizionali e naturali.
Il permissivismo ed il relativismo etico puntano ormai da tempo a stravolgere il senso comune, ovvero i valori profondi radicati nella coscienza della civiltà europea. Di qui, per esempio, le massicce campagne per la legalizzazione e/o la liberalizzazione delle droghe e le teorie di "riduzione del danno" che condannano il tossico ad uno stato larvale senza alcuna possibilità di recupero. Drogarsi non è un diritto, è una malattia che la società ha il dovere di debellare attraverso una seria politica di prevenzione, efficaci norme repressive ed incentivi nei confronti di quelle tante realtà di volontariato che combattono ogni giorno per affermare una cultura della vita.
Inoltre, la normativa vigente sulla libertà d'aborto, l'assenza di ogni politica di sostegno alla famiglia, la difesa ostentata e provocatoria della diversità sessuale volta al riconoscimento delle coppie gay e del loro "diritto" a costituire "famiglie" con pari diritti rispetto a quelle naturali e tradizionali; le sempre più agghiaccianti evoluzioni dell'ingegneria genetica... questi sono macigni pesanti sulla strada dell'affermazione della dignità della persona umana.
Ci opponiamo a chi vuole promuovere l'uguaglianza a tutti i costi difendendo i "diversi"; vogliamo valorizzare le differenze che rendono ogni persona diversa dall'altra e difendere l'uomo comune. A chi si riempie la bocca di "emancipazione" e "liberazione" contrapponiamo la forza dei legami e del radicamento.

Materialismo vs. Spiritualismo

Quando si parla di spiritualismo, le prime immagini che possono venire alla mente sono quelle di un monaco tibetano, di un frate cappuccino o, peggio, del mago Othelma. Ma il nostro spiritualismo è un'altra cosa: avere una visione spirituale della vita vuoi dire credere che la vita stessa "non può ridarsi allo scambio, alla produzione o al mercato, ma necessita di dimensioni più alte e diverse" (M.Tremaglia).
Troppe volte, infatti, ci vediamo proporre modelli di vita basati sul consumismo esasperato, sulla bellezza siliconata e sulla ricerca ossessiva del guadagno economico; ma sempre più ci convinciamo che la nostra vita valga molto di più. Con ciò non vogliamo teorizzare una qualche forma di ascetismo, ne suggerire comode fughe dalla realtà materiale (hobby che lasciamo volentieri ai "nuovi profeti" del mondo virtuale). Quello che vogliamo sottolineare è, invece, l'importanza di vivere la quotidianità con senso dell'onore, sapendo sacrificare i propri interessi ed i propri tornaconti personali per difendere un'idea e rifiutando il compromesso sistematico. Vivere, insomma, nella consapevolezza di non essere monadi, ma membri di una comunità e testimoni della sua identità storica. Questo non farà di noi degli eroi, ma sicuramente ci aiuterà ad essere uomini...e coi tempi che corrono ci sembra già qualcosa di cui andare fieri.

Società multirazziale vs. Cultura delle differenze

Opporsi con fermezza all'avvento auspicato dai soliti noti, della società multirazziale è un dovere per un movimento politico quale il nostro. E' un dovere denunciare l'inganno sul quale la sinistra post e neo comunista, ancora internazionalista e falsamente solidale e l'onnipotente apparato finanziario mondiale stanno costruendo la società di oggi e di domani. Un modello di sviluppo fondato sul progressivo annientamento delle culture, delle specificità, delle tradizioni proprie di
ogni popolo e sulla contemporanea formazione dell'uomo nuovo, "cittadino del mondo", prodotto della grande ammucchiata multietnica, che nasce solo per essere guidato, imboccato, vestito, imbavagliato e scambiato a basso prezzo nell'immenso calderone mondialista. In questo progetto, l'immigrazione selvaggia nei paesi europei di milioni di individui espressione di culture differenti, rappresenta un mezzo estremamente potente e per questo dobbiamo essere in grado, rigettando posizioni e forme che non ci appartengono, di dire fortemente no a questo meccanismo. E ciò anche per smascherare quell'altrettanto insopportabile forma di neo - schiavismo perpetrato ai danni di queste schiere di disperati da coloro che continuano a nascondersi dietro il falso paravento della solidarietà e dell'arricchimento culturale ed economico per tutti. Contestualmente dovremo trovare la forza per rendere viva e vivificante la nostra cultura italiana ed europea che da troppo tempo giace nel dimenticatoio, ivi relegata dalle contingenti ragioni dell'economia. Solo recuperando la capacità di essere testimoni proiettati nel futuro della nostra storia non soccomberemo di fronte all'urto del soft - comunismo alleato alle multinazionali che vogliono creare la civiltà del niente.